Castello di Lerici
Il Castello San Giorgio si erge, in posizione dominante, sulla sommità del promontorio roccioso che chiude a sud la baia di Lerici, che nell’alto Medioevo, era uno scalo commerciale e porto franco e, pertanto, non era fortificata. Furono i Pisani, dopo aver battuto i Genovesi nella battaglia del Giglio (1241), a costruire il primo nucleo dell’odierno Castello.
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L’edificio attuale, di forma poligonale irregolare, è frutto di numerosi interventi che, susseguitesi nel corso dei secoli, hanno inglobato il nucleo più antico, di origine pisana.
La riconquista di Lerici (1256) e la pesante sconfitta subita da Pisa nella battaglia della Meloria (1284), sancirono la definitiva supremazia di Genova sul Mediterraneo Occidentale: le sorti del Castello, da allora, seguirono la storia della Superba, caratterizzata da un’estrema instabilità politica, con violente lotte interne e l’ingerenza di potenze straniere (Visconti, Francesi, Fiorentini, Aragonesi, Sforza, ecc.), fino al passaggio sotto il potente Officio di San Giorgio, nella seconda metà del Quattrocento.
Durante questi secoli di alterne vicende, l’edificio ha mantenuto funzioni militari ed è stato adibito a carcere, presidiato da un castellano e da guarnigioni di soldati. In relazione alle sue funzioni e all’importanza strategica di fortezza ubicata al confine orientale del territorio genovese, il Castello di Lerici è stato più volte rinforzato ed elevato, fino all’ultima “incamiciatura” risalente al 1555: la “scarpa” inclinata, adatta a resistere agli attacchi delle armi da fuoco, in alcuni punti, supera lo spessore di sei metri Il castello di Lerici fu, per secoli, una prigione genovese di massima sicurezza: numerosi furono i prigionieri di rango rinchiusi al suo interno, e innumerevoli le condanne a morte che vi vennero eseguite, soprattutto ai danni di ribelli corsi. Nel castello fu imprigionato anche Francesco I Re di Francia, qui condotto dopo la sconfitta subita a Pavia da parte degli Spagnoli di Carlo V (1525).
Andrea Doria vi si rinchiuse per difendersi dalla flotta francese, che venne a Lerici per farlo prigioniero, quando il grande ammiraglio passò al servizio di Carlo V di Spagna (1528).
Chiesa di San Francesco
È la seconda chiesa dedicata al santo, perché la prima (sec. XIV), divenne insufficiente per la crescente popolazione del borgo. Una colonna della prima chiesa, demolita nel 1632, è tuttora visibile sul sagrato dell’odierna parrocchiale. La seconda chiesa è stata terminata nel 1636. Sulla fine del XVIII secolo la chiesa venne ulteriormente ampliata con la costruzione del coro.
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La facciata in marmo è del 1962, così come novecenteschi sono i luminosi affreschi del soffitto, opera del pittore spezzino Luigi Agretti. Raffigurano Sant’Erasmo, protettore dei marinai, che placa la tempesta, la gloria di San Francesco e la narrazione del miracoloso ritrovamento negli scogli della tavola della cosiddetta Madonna di Maralunga, da parte di tre pescatori lericini.
Straordinario valore artistico e devozionale riveste la cappella dedicata alla Madonna di Maralunga, patrona di Lerici, celebrata il 25 marzo. Secondo la tradizione, la pregevole tavola, la cui iconografia è unica nel suo genere, in quanto raffigura due Madonne con bambino affiancate l’una all’altra, fu rinvenuta miracolosamente da tre pescatori in prossimità del promontorio di Maralunga, nel 1480. In realtà appare ormai certo che l’opera sia stata commissionata: nel quadro si leggono queste parole “Colottus. q. Jacopelli et Petrus Dominicus Muttini T.F.1480”, cioè i cognomi dei tre scopritori e le iniziali di “testes fuerunt”. Successivamente, qualcuno ha dipinto nel quadro, dopo i nomi degli scopritori, il termine invenerunt (cioè trovarono). A seguito di interventi di restauro, è emerso che l’originale strato dipinto portava le lettere “F.F.” cioè “fecerunt facere”. Probabilmente il quadro fu stato commissionato ad un pittore toscano, raccomandando che riprendesse il cartiglio della Madonna Bianca di Porto Venere che recita “Madre Mia ço che te piaxe me contenta purch’el pecatore del mal fare se penta” (secolo XIV), infatti il cartiglio lericino così suona: “Madre mia io son cotento pur che lo pecator si penta”, in un italiano più evoluto (secolo XV). La Madonna con la veste verde ricorda quasi esattamente la Madonna dell’Arena, che, secondo la tradizione fu tirata su nella rete di pescatori santerenzini.
Oratorio di San Rocco
La chiesa originaria, costruita extra-moenia, era dedicata ai S.S. Martino e Cristoforo e risale al 1287. In un angolo esterno, detto “er canto”, i notai medioevali redigevano i loro atti, mentre l’odierno campanile era originariamente una torre di guardia, avamposto a presidio di un guado sul torrente che scorreva proprio di fronte all’edificio, sul tracciato dell’odierna Via Petriccioli.
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Nel XVI una terribile pestilenza colpì Lerici. Cessata l’emergenza, la chiesa fu intitolata a San Rocco (1524), protettore contro le pestilenze, figura che campeggia all’interno della lunetta sopra il portale di ingresso. Attualmente la chiesa appare decorata in stile barocco e vanta al suo interno la presenza di pregevoli opere d’arte, mentre lapidi con iscrizioni medievali campeggiano sulla facciata del campanile, ricordandone l’origine medievale.
Piazza Mottino “Il Piasseo”
Il nome della piazza deriva da una famiglia di letterati, prelati e ammiragli, giunti a capo di una flotta pontificia. In antico vi arrivava il mare, colmato con materiali di scavo della “Tagliata”, via creata per raggiungere Maralunga. Da qui si accede alla parte più antica del borgo medievale, anche detto anche Borgo Pisano, perché costruito da Pisa nel 1241.
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Ne rimane riconoscibile una torre, con sottostante portale di ingresso, sormontato da arco a sesto acuto, da cui si accede ad uno dei più suggestivi “carruggi” di Lerici, in dialetto “caróbio d’en fóndo”, poi divenuto via Ambrogio Giacopello (patriota lericino risorgimentale, mazziniano, morto esiliato a Marsiglia). Qui è possibile rintracciare un sovraporta in marmo che potrebbe essere retaggio di una delle più antiche chiese di Lerici: Santa Marta, distrutta dai saraceni.
Oggi, su Piazza Mottino, vediamo una sola torre, ma in passato Lerici era noto come “paese dalle sette torri”. In questa piccola piazza, un tempo lambita dal mare, si svolgevano diverse attività legate alla cantieristica. Erano presenti fonderie per la realizzazione di cannoni, che al porto venivano imbarcati su brigantini diretti in Corsica, afflitta da profonde sommosse contro Genova (sec. XV). I tre vicoletti che si aprono su Piazza Mottino conducono oggi sulla Calata, ma in passato si addentravano su una parte del borgo ormai scomparsa, perché i Tedeschi la fecero saltare nel 1944, dando vita al piazzale del molo.
Proprio partendo da Piazza Mottino, è possibile perdersi, piacevolmente, nei vicoli della Lerici più antica: si dipartono, infatti, salite dalle quali è possibile raggiungere la sommità del promontorio e, quindi, il Castello San Giorgio.
Una di queste è Via del Ghetto, così chiamata perché in passato ospitava il ghetto ebraico, racchiuso fra due cancellate oggi scomparse. Una lapide all’ingresso della salita ne ricorda la storia, legata al trasferimento di ebrei sefarditi che raggiunsero Lerici nel XVI secolo per essere impiegati in attività quali la fonditura, la lavorazione dei tessuti, la cantieristica e il commercio. Numerosi cognomi lericini, ancora oggi, testimoniano un’origine ebraica, sebbene sia avvenuta, nel corso dei secoli, una progressiva integrazione con la popolazione locale. Dopo il ritrovamento di una Torah, murata nelle pareti della casa al civico n. 1 di Via del Ghetto, si è ipotizzato che qui si trovasse la sinagoga.
Ca’ Doria e la Carpaneta
La stretta via Doria, che da Piazza Garibaldi sale tra le case verso la collina, anticamente era detta “Carpaneta”. L’etimologia del toponimo è dovuta alla presenza dei carpini. Durante i secoli XV e XVI vi sorsero abitazioni gentilizie e una di queste divenne la dimora estiva dell’ammiraglio Andrea Doria, che proprio qui prese la decisione di passare dal servizio di Francia al servizio di Spagna. Era il 1528 e la storia dell’Europa mutò corso da quel momento.
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L’evento è ricordato da una lapide, visibile all’interno della dimora, di cui è prevista l’imminente apertura al pubblico: .
Andrea Doria aveva scelto questa casa perché, passando dal giardino, avrebbe potuto facilmente raggiungere il castello. Così fece quando la flotta francese venne a Lerici per farlo prigioniero, dopo il rifiuto a continuare a servire Francesco I. Le navi francesi non spararono però nessun colpo, perché il tiro dei cannoni era insufficiente per colpire il castello. Prima di essere un principe del mare, Andrea Doria era un capitano delle truppe genovesi, duro e spietato, tanto da aver avuto dal governo genovese l’ordine di ridurre al silenzio i ribelli corsi.
Per inviare e rifornire le truppe genovesi nell’isola, Genova utilizzava la base di Lerici come ‘porto di velocità’, perché la distanza fra Lerici e Capo Corso inferiore a quella fra quest’ultimo e Genova.
È forse per questo che Andrea Doria, frequentando Lerici, vi acquistò una casa con giardino nella Via Carpaneta, che portava sui colli e verso le frazioni di Tellaro e della Serra, nonché verso Maralunga.
La Walk of Fame della poesia
La passeggiata lungomare compresa tra la Rotonda Pertini di San Terenzo e la Rotonda Vassallo di Lerici, intitolata a Sem Benelli, è la prima “walk of fame” della Poesia d’Italia.
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Poeta, scrittore e drammaturgo, Sem Benelli è l’ideatore del fortunato “brand” Golfo dei Poeti. Egli soggiornò presso la torretta ottagonale, all’interno del parco di Villa Marigola, dove sembra abbia composto la sua opera più celebre: “La Cena delle Beffe”. In onore dell’amico e grande scienziato darwiniano Paolo Mantegazza – anch’egli residente nel Golfo e scomparso a San Terenzo nel 1910 – Benelli compose l’epitaffio che recita “Beato te, o poeta della scienza, che riposi in pace nel Golfo dei Poeti”. Nel 1919, la pubblicazione della sua lirica “Notte del Golfo dei Poeti” nell’edizione “i Gioielli dell’Eroica”, sancì definitivamente il successo del fortunato epiteto.
In occasione dei 70 anni dalla scomparsa di Sem Benelli, durante le celebrazioni della 65° edizione del Premio Lerici Pea, sono state poste su questo splendido tratto di costa 33 targhe commemorative, supportate da altrettanti leggii, che hanno sullo sfondo l’azzurro del mare, l’oro della sabbia e i borghi variopinti. Le targhe, realizzate grazie al contributo del main partner del Premio, i cantieri SanLorenzo Yachts, riportano i nomi dei poeti vincitori del Premio Lerici Pea “alla Carriera” e di premi speciali, conferiti dal 1991 al 2019. Ogni anno, sulla passeggiata, verrà aggiunta una nuova targa, in onore di ogni nuovo premiato.Sem Benelli, nel definire “Golfo dei Poeti” questo suggestivo anfiteatro d’acqua marino, ebbe certamente in mente i grandi poeti che prima di lui lo avevano visitato e frequentato, da Percy Bysshe Shelley in poi. Il Premio Lerici Pea tiene viva questa tradizione: nato nel 1954 come premio “LERICI”, diviene nel 1958 Premio LERICI PEA, in omaggio ad Enrico Pea appena scomparso.
Dal 1998 è gestito dall’Associazione Premio Lerici Pea, che aggiunge al Premio anche la denominazione “Golfo dei Poeti”.Ti ricordiamo che su ogni targa è collocato un QR-Code: con il tuo telefonino puoi collegarti alle schede si ciascun poeta, per scoprirne vita, opere e versi. Lascia che i poeti ti accompagnino… lungo la passeggiata Sem Benelli.
CLICCA QUI per accedere alla pagina ufficiale del Premio Lerici Pea e conoscere tutti i protagonisti della walk of fame.
Villa Marigola
Villa Marigola è uno splendido edificio circondato da giardini panoramici che fanno parte del circuito dei Grandi Giardini Italiana. Sede del Centro Congressi Credit Agricole Italia, ha conosciuto in passato momenti di grande splendore.
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L’edificio originario, di origine settecentesca, fu costruito sui resti di una più antica fortificazione, dai Marchesi Ollandini, che ne fecero la propria residenza di villeggiatura. La proprietà passò poi agli Alli Maccarani e ai banchieri inglesi Pearce, che trasformarono l’edificio in un punto di riferimento per tutti gli anglosassoni che frequentavano il Golfo dei Poeti nei primi del Novecento.
Ospite dei Pearce, fu anche l’Imperatrice di Germania, Vittoria Maria Adelaide (1901) ma si narra anche della frequentazione da parte del Barone Rosso e, ovviamente, di D.H. Lawrence, che, con la compagna Frieda, soggiornò a Fiascherino (1912-1913). Tutti i proprietari hanno abitato con passione l’elegante villa, intervenendo sia sull’edificio che sui giardini. Fu così che gli ombrosi giardini all’inglese della prima fase, si trasformarono negli splendidi giardini all’italiana che ancora possiamo ammirare grazie all’intervento dell’ultimo proprietario, il senatore e potente industriale Bibolini, che la possedette dal 1926, affiancato dai più grandi architetti dell’epoca: primo tra tutti Franco Oliva.
Se le sale dipinte con le immense vetrate che aprono sul Golfo sono ricche di suggestione, è la grande terrazza il vero cuore dell’edificio, con il “giardino degli agrumi” che affascinava i viaggiatori del Gran Tour, soprattutto al tempo in cui il parco della Villa continuava fino alla spiaggia, dove si stagliava nitida la “casa bianca”, dependance di Villa Marigola, divenuta celebre per il soggiorno di P.B. Shelley e della moglie Mary nel 1822.
Oggi la Villa, oltre ad essere un centro congressi, è sede di eventi culturali e può essere prenotata anche per eventi privati, come matrimoni e ricorrenze.
Villa Rezzola a Pugliola
La Villa Carnevale Miniati – Cochrane sorge in posizione di grande valore paesaggistico, sul pendio di un belvedere naturale dominante gran parte del Golfo della Spezia. Situata a Pugliola, frazione collinare di Lerici, fu chiamata Villa Cochrane dal nome della famiglia inglese cui appartenne negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi del Novecento a cui si deve la trasformazione del complesso.
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Successivamente venne denominata Rezzola, poi Carnevale ed infine Carnevale Miniati, dal nome degli ultimi proprietari. L’edificio, assieme al giardino circostante, costituisce un interessante esempio di dimora che trova, nel rapporto fra architettura e natura, l’esaltazione del mito della villeggiatura, fenomeno diffuso ampiamente nell’Ottocento nel Golfo dei Poeti, grazie alla presenza di anglosassoni e francesi. La ricca borghesia internazionale sceglie modi stagionali di “vivere in villa” per emulare lo stile di vita della antica nobiltà terriera: costruisce case e palazzi di villeggiatura come questa dimora, preferendo luoghi protetti dai venti, in cui si possono coltivare varie qualità di fiori. La scelta del luogo collinare di Pugliola per la residenza dei Cochrane rivela non solo una rara sensibilità per la bellezza, ma anche un’intelligenza particolare del nobile inglese che intuì la validità storica e la sua importanza strategica. All’interno si conserva l’aspetto ottocentesco: pavimenti policromi lastricati, decorati a mosaico arabescato ed a disegni geometrici, tipicamente liguri. I riferimenti che riflettono la cultura inglese settecentesca voluti da Cochrane si riferiscono alla “sala da musica”, ispirata alla sala dei trattenimenti del Victoria and Albert Museum di Londra. La contessa Pupa Carnevale Miniati, ultima proprietaria, nel 2020 ha lasciato la Villa in eredità al FAI, affinché fosse valorizzata e fruibile al pubblico.
Info: https://fondoambiente.it/luoghi/villa-rezzola (link al sito FAI)
Castello di San Terenzo
Costruito attorno ad una torre di guardia del XII secolo il castello di San Terenzo ha una caratteristica che inorgoglisce i santerenzini: è stato edificato dagli abitanti del paese. Ad attestarlo è un documento del 29 luglio del 1588 firmato dal podestà Gregorio Cadamartori incaricato dalla Repubblica di Genova di censire le fortificazioni del golfo spezzino.
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Proprio perché costruito in economia e in epoche diverse, la fortificazione manca di un progetto d’insieme ed è una combinazione di stili architettonici. Attorno alla torre quadrata che ne rappresenta la parte più antica è stata realizzata una prima cinta di mura databile tra il XIV e il XV secolo alla quale, nel Cinquecento, è stata aggiunta la seconda più esterna che è stata poi ulteriormente rafforzata da lavori eseguiti dalla Repubblica di Genova quando la fortificazione santerenzina venne armata di cannoni e inserita nel sistema difensivo del golfo. Risale al 1605 il progetto con cui la Repubblica di Genova ha rinforzato l’intero sistema difensivo del Golfo, con la costruzione di nuove fortificazioni e l’adeguamento delle esistenti. Da allora, al piccolo castello di San Terenzo, con la sua torre alta circa 10 metri, posta a quasi 40 metri sul livello del mare, è stato affidato il compito di difendere il settore nord della baia, in aiuto del vicino e più imponente castello di Lerici. Pur avendo origine ben diversa rispetto a quest’ultimo, il castello di San Terenzo, contribuisce a rendere il Golfo di Lerici unico nel suo genere: una baia racchiusa da due manieri, uniti, oggi, da una piacevole passeggiata di circa 2 km, ma divisi, in passato, da insenature, spiagge e promontori. All’inizio del secolo scorso il castello di San Terenzo è stato trasformato in stazione fotoelettrica, presidiata da personale militare, successivamente in una caserma ed occupato, durante la Seconda Guerra Mondiale, dalle truppe tedesche.
Villa Magni
Proprietà della famiglia Magni, nella primavera del 1822 la villa venne affittata dal poeta Percy Bisshe Shelley che vi soggiornò assieme alla moglie Mary sino al tragico naufragio nel quale morì, dramma da cui nacque il mito del Golfo dei Poeti.
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La villa, in passato, era isolata rispetto al borgo di San Terenzo: a monte era circondata da un folto bosco, mentre il portico era a picco sul mare. La strada carrabile che oggi percorriamo fu costruita soltanto nella seconda metà dell’Ottocento: gli Shelley scelsero la dimora proprio per questo, per il suo fascino selvaggio, per essere più “nave” che casa. Le prime notizie sull’immobile risalgono al XVI secolo e la tradizione vuole che sia stata costruita per ospitare un convento. Diversi i suoi proprietari, tra i quali spiccano gli Ollandini, che la possedevano proprio al tempo degli Shelley, allorquando la Villa era depandance di Villa Marigola. Dopo diverse compravendite susseguitesi nel corso dei secoli, è oggi proprietà privata.
Sulla facciata è visibile, sin dal 1907, una lapide con una scritta del poeta Ceccardo Roccatagliata Ceccardi che ricorda il passaggio degli Shelley. Mary Godwin Shelley, che – ricordiamo – è la geniale autrice di Frankenstein, scriveva a proposito della Villa: “La nostra casa, Villa Magni, era vicina a questo villaggio (San Terenzo); il mare si spingeva sino alla porta, una scoscesa collina la proteggeva da dietro.” La collina è quella di Marigola: appartenendo alla stessa proprietà, all’epoca Casa Magni era collegata a Villa Marigola da ombrosi e piacevoli sentieri collinari. Scrive ancora Mary: “… il bosco era più di gusto inglese di quanto abbia mai visto in Italia: c’erano noci, lecci molto belli che intrecciavano il loro oscuro e compatto fogliame formando macchie che riappaiono alla memoria…” . Il bosco descritto è quello che, ancora oggi, si può ammirare intorno a Villa Marigola e che, degradando dolcemente verso la costa, avvolge tuttora, almeno in parte, Casa Magni.
Chiesa Natività di Maria Vergine a San Terenzo
La struttura architettonica attuale risale al 1619 ma la chiesa venne edificata su di un luogo di culto più antico risalente al XIII secolo. L’ultimo restauro dell’edificio risale al 1975. La pianta è a croce latina con due cappelle laterali.
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Quella di sinistra è dedicata a Nostra Signora dell’Arena e contiene un quadro della Vergine che la leggenda vuole sia stato ritrovato in mare, alla fine del XV secolo, ed è ancora oggi veneratissimo dai santerenzini.
Secondo la tradizione l’opera sarebbe stata rinvenuta nell’odierna spiaggia del Colombo, una volta detta di Santa Caterina; in realtà pare si tratti della porzione di un polittico commissionato nel 1492, del quale il dipinto della Madonna doveva occupare lo scomparto centrale.
Il nunzio apostolico Monsignor Peruzzi, nella visita del 1584, visitò anche la chiesa di Santa Maria e la indicò come “giustamente detta essere dominio degli uomini di detto paese”. Il senso di questa frase è presto spiegato: gli abitanti di San Terenzo provvedevano, attraverso l’autotassazione dei capifamiglia, al sostentamento del clero, in cambio del diritto di scegliere il proprio sacerdote. Questo diritto è stato esercitato fino alla prima metà del Novecento, periodo cui risale l’orologio del campanile.
Villa Serenella a San Terenzo
La Serenella fu per 37 anni il buen retiro di Paolo Mantegazza. Medico, patriota, politico, scrittore e soprattutto divulgatore di norme igieniche, Mantegazza, che è sepolto nel cimitero locale, vi abitò dal 1873 sino alla morte nel 1910. Docente universitario a Pavia e darwiniano della prima ora, Mantegazza creò a Firenze la prima cattedra di antropologia e ne diventò professore ordinario.
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Nel 1905 fu tra i primi ad essere insignito della cittadinanza onoraria del Comune di Lerici che gli intitolò anche una strada.
Famoso il discorso che il commediografo Sem Benelli, che all’epoca soggiornava nella tenuta di Villa Marigola, tenne al suo funerale: ad esso si fa risalire l’origine letteraria dell’appellativo che ha reso famoso il nostro Golfo nel mondo, il cosiddetto “Golfo dei Poeti”.
“Beato te, o Poeta della scienza, che riposi in pace nel Golfo dei Poeti. Beati voi, abitatori di questo Golfo, che avete trovato un uomo che accoglierà degnamente le ombre dei grandi visitatori…”
Ancora più suggestive le parole con cui Mantegazza stesso ha descritto la Baia: “San Terenzo è un nido nascosto fra due oceani azzurri, quello del cielo e quello del mare; nessun bagno vi è più poetico, più fresco, più adamantino; è come tuffarsi nello zaffiro liquido. L’aria non vi è mai troppo calda d’estate, né mai fredda nell’inverno; è un alternar sempiterno di freschi tepori e tiepide frescure che incanta, che solletica, che innamora”.
Parco di Falconara
La costruzione dell’arsenale nella parte più interna del Golfo della Spezia (1869) comportò la necessità di porlo in sicurezza da possibili attacchi da mare e da terra: il golfo venne così cinto da oltre 40 fortificazioni, le quali resero la base navale inattaccabile.
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L’estremità orientale del golfo era difesa da un gruppo di batterie concentrate in un diametro di 250 metri: Falconara, S. Teresa Alta, S. Teresa Bassa e Pianelloni, il tutto a pochi passi da Pozzuolo. Incrociando il tiro con le artiglierie poste all’estremità occidentale della diga, queste fortificazioni battevano lo specchio acqueo di ingresso al golfo impedendo l’accesso a unità nemiche. La batteria di Falconara, in grado di difendere le proprie mura con fuoco di fucileria, di mitragliatrice e di artiglierie, al termine della Prima Guerra Mondiale fu utilizzata come deposito di ingenti quantità di polveri e munizioni e fu proprio questo a decretarne la tragica fine. In una piovosa notte del 28 settembre 1922, un fulmine – probabilmente – innescò una tremenda esplosione: al posto della batteria, un’enorme voragine oggi occupata da un campo da calcio. Centinaia furono i morti e le case distrutte nella vicina San Terenzo e a Pozzuolo, ma i vetri delle case tremarono anche nel capoluogo spezzino. In occasione del centenario dell’evento, il Parco panoramico è stato riqualificato ed attrezzato con un percorso tematico a pannelli attraverso cui è possibile ripercorrere non soltanto la storia della batteria, ma anche quella del complesso sistema fortificato del Golfo spezzino. Il tutto in un contesto paesaggistico e naturalistico di grande suggestione, luogo ideale per correre, fare esercizi nella piccola palestra nel verde, o semplicemente passeggiare… anche in compagnia dei nostri piccoli amici a 4 zampe!