Itinerario Letterario
Golfo dei Poeti

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San Terenzo – Piazza Brusacà

Inizia qui, dove la vista spazia sull’ampia insenatura che si apre davanti a noi, il nostro itinerario letterario nel Golfo dei Poeti, percorrendo quella che oggi è chiamata “Walk of Poetry”, conosciuta anche come passeggiata “da castello a castello”. Un percorso di circa 2 km che unisce San Terenzo a Lerici. Scopriremo insieme, percorrendola, l’origine del fortunato appellativo Golfo dei Poeti.

Lerici è citata dai tre Grandi del Medioevo. Dante, per descrivere le ripide pareti del Purgatorio, le paragona alla costa ligure, individuandone, proprio qui, l’ideale inizio.

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Tra Lerice e Turbìa la più diserta,
la più rotta ruina è una scala,
verso di quella, agevole e aperta.

(Dante, Purgatorio, canto III)

Lo seguono il Petrarca, che descrive la snella torre del Castello di Lerici e, in una lettera ai familiari, afferma “Fui costretto a Lerici a servirmi di nuovo del mare…”. Colpito dalla particolare conformazione della costa, ne fa menzione nell’Africa “Per chi solca il mare sorgono dalla costa l’isola e il porto caro a Venere, a cui è contrapposto il fortissimo Lerici italico, che conserva il nome della sicula riva”.

(Francesco Petrarca, Africa, VI)

Persino un personaggio del Decamerone di Boccaccio, sbarca nel porto di Lerici per raggiungere da qui la Lunigiana: “Sopra una galeotta ben armata, se ne venne a Lerici; dove, ricevuto da Currado [Malaspina] con tutta la sua brigata n’andò a un Castel di Currado non molto quivi lontano, dove la festa grande era apparecchiata”.

(Decam. Giornata II, novella 6)

Ma quando nasce il fortunato epiteto Golfo dei Poeti? L’ideazione è attribuita a Sem Benelli (1877-1949), drammaturgo toscano che soggiornò nella torretta gialla, ottagonale, situata all’interno del parco di Villa Marigola: ancora oggi, alzando gli occhi, la possiamo vedere ergersi fra le fronde, sulla collina che separa San Terenzo da Lerici. Proprio qui, Sem Benelli avrebbe composto la sua opera più celebre: “La cena delle Beffe”.

Commosso dalla scomparsa dell’amico e grande scienziato darwiniano Paolo Mantegazza – morto a San Terenzo nel 1910 – Benelli compone il seguente epitaffio: “Beato te, o poeta della scienza che riposi in pace nel Golfo dei Poeti. Beati voi, abitatori di questo Golfo, che avete trovato un uomo che accoglierà degnamente le ombre dei grandi visitatori”.

Nel 1919, la pubblicazione della lirica di Sem Benelli “Notte del Golfo dei Poeti” nell’edizione “i Gioielli dell’Eroica”, sancisce definitivamente la fama di quello che sarebbe diventato un vero e proprio brand.

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San Terenzo - Villa Shelley

Chi meglio di Shelley può descrivere questa casa, sua ultima dimora terrena, prima del tragico naufragio che ne causò la morte nel 1822 “A lovely house closed by the sea-side surrounded by the soft and sublime scenery of the bay of Lerici”. Una adorabile casa, vicino al mare, circondata dal dolce e sublime scenario della baia di Lerici.
Il mare lambiva le bianche colonne di Villa Magni, tanto che la moglie Mary diceva “Il mare ai nostri piedi, il suo incessante mormorio e il suo mugghio nelle nostre orecchie”.

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Villa Shelley, al tempo, era davvero sul mare. La strada carrabile e la passeggiata non esistevano ancora: la prima sarebbe comparsa a fine XIX secolo, la seconda addirittura nel secondo Dopoguerra. L’edificio era, al tempo, una pertinenza di Villa Marigola: un fitto bosco sul retro della casa, ancora oggi visibile, era attraversato da sentieri che la collegavano alla dimora principale.
Ai lati della facciata, due lapidi riportano versi di Shelley, che qui compose “Lines written in the bay of Lerici”; di fronte campeggia l’epigrafe di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi (1907):
DA QUESTO PORTICO
IN CUI SI ABBATTEVA L’ANTICA OMBRA DI UN LECCIO
IL LUGLIO DEL MDCCCXXII
MARY GODWIN E JANE WILLIAMS
ATTESERO LAGRIMANTE ANSIA
PERCY BYSSHE SHELLEY
CHE DA LIVORNO SU FRAGIL LEGNO VELEGGIANDO
ERA APPRODATO PER IMPROVVISA FORTUNA
AI SILENZI DE LE ISOLE ELISEE
O BENEDETTE SPIAGGE
OVE L’AMORE, LA LIBERTÀ, I SOGNI
NON HANNO CATENE
27 ottobre 1907

Ma immaginiamo di tornare all’aprile del 1822, allorquando gli abitanti di San Terenzo osservarono con stupore l’arrivo di un gruppo di giovani inglesi, con strane abitudini, guidati da poeta Percy B. Shelley e dalla moglie Mary Godwin Wollstonecraft, giovane e geniale autrice del celeberrimo Frankenstein (già pubblicato, a soli 21 anni, nel 1818). Impressionata, ella affermava: “il luogo era troppo bello e non sembrava di questa terra…” “…tutto invitava la mente a meditare su strani pensieri”. Mary presagiva qualcosa di nefasto, un tragico destino: a San Terenzo ebbe un aborto spontaneo e fu salvata dalla prontezza del marito che la accudì in assenza di medici. Tempo dopo, scrisse “…la scena era davvero di una bellezza inimmaginabile. La distesa azzurra delle acque, la baia quasi del tutto circondata dalle coste, con il vicino castello di Lerici che la chiude a est, e Portovenere a ovest in distanza”.
Gli Shelley restarono in questa casa pochi mesi, ma così intensi e decisivi per la loro vita e la storia del borgo da imprimere per sempre un segno nella memoria dei luoghi. Nel luglio 1822, la barca di Shelley naufragava a causa di una forte tempesta, durante il viaggio di rientro dalla Toscana, dove il poeta stava lavorando con Lord Byron alla realizzazione di “The Liberal”, rivista che avrebbe dovuto sostenere ideali liberali e rivoluzionari.
Il corpo fu rinvenuto sulla spiaggia di Viareggio: le sue spoglie furono arse in loco, come da legge del Granducato di Toscana.
Secondo alcuni racconti, tipicamente romantici, il cuore di Shelley non bruciò: venne quindi raccolto in una teca e riconsegnato a Mary che, invano, attese il ritorno del marito nella villa di San Terenzo. Alla sua morte, chiese di essere sepolta con la preziosa reliquia al suo fianco.
Alcune curiosità: Percy Shelley, quando morì, non aveva ancora compiuto 30 anni. Non sapeva nuotare e, nonostante questo, amava bagnarsi nelle acque di San Terenzo completamente nudo. Alcool, e soprattutto laudano, erano costanti nella vita di questi giovani scapigliati, pertanto le loro abitudini erano osservate con stupore dagli abitanti: leggevano libri e bevevano uno strano liquido scuro, che era semplicemente… tè!
Da quel lontano 1822 decine di poeti, scrittori e artisti, non soltanto anglosassoni, arrivarono nel Golfo per rendere omaggio all’ultima dimora terrena di Shelley, alla ricerca di “ricordi” del soggiorno dei grandi poeti romantici.

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San Terenzo - Villa Gregoretti

Continuando nella nostra passeggiata ci fermiamo in prossimità di Villa Gregoretti, ex colonia ferrovieri e oggi residenza per anziani, edificio che ha una notevole importanza nella definizione del paesaggio di San Terenzo: costituisce il terminale della passeggiata verso Lerici, con una curiosa parte “a ponte” sulla strada.

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Il palazzo adiacente, alla sinistra di Villa Gregoretti, nei primi del Novecento ospitava l’Hotel Miramare (chiamato poi Hotel Elisabetta, in omaggio alla Regina inglese e ai tanti viaggiatori anglosassoni che lo frequentavano). Qui soggiornò, nel 1933, la scrittrice Virginia Woolf, che amava osservare dall’hotel la terrazza di Villa Shelley, immaginando Mary attendere invano il ritorno dell’amato sposo, e scrisse:
“Certamente Shelley scelse meglio di Max Beerbohm. Egli scelse un porto, una baia, e la sua casa con una terrazza, nella quale Mary riposava, che dà sul mare. Barche a vela inclinate arrivavano questa mattina – un paesino ventoso, di case alte, mediterranee, pitturate dei colori rosa e giallo”. A proposito del suo soggiorno la Woolf scrisse anche: “… dormimmo a Lerici, la prima notte, che dà il tocco della perfezione al golfo, al mare calmo e ai verdi velieri e all’isola e ai lumi notturni rossi e gialli, che scintillano e svaniscono. Ma questo genere di perfezione non mi stimola più a scrivere. E troppo facile”.
Torniamo ora ad osservare la strada sotto il “ponte” di Villa Gregoretti: il noto pittore svizzero Arnold Böcklin, negli anni Novanta dell’800, soggiornò a San Terenzo. La moglie racconta quanto amasse passeggiare da qui fino a Lerici, lungo il mare, e girare in barca, entrando in tutte le insenature di Fiascherino. Pare che, invece, non avesse apprezzato la costruzione della strada carrabile che avrebbe profanato questo luogo quasi incantato. Secondo alcune fonti, proprio dalla costa ligure avrebbe tratto ispirazione per il suo dipinto più celebre,
“L’isola dei morti” (a lato, famoso per essere l’opera preferita da Adolf Hitler). In realtà la prima stesura dell’opera (di cui realizzò diverse versioni) risale al 1880 e precede di qualche anno il suo soggiorno a San Terenzo.
Costeggiando la propaggine “a mare” di Villa Gregoretti, prima di continuare la passeggiata, soffermiamoci a leggere il pannello introduttivo della cosiddetta Walk of Poetry.

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Il Colombo e le feste dei futuristi

Una passerella sovrasta la spiaggia del Colombo, uno dei più antichi stabilimenti balneari di Lerici, mentre sulla sinistra siamo sempre accompagnati dall’impenetrabile bosco di Villa Marigola. L’Hotel San Terenzo sorge sulle vestigia di un celeberrimo locale frequentato dai Futuristi, allorquando Lerici era un punto di ritrovo per i più importanti esponenti del movimento. Alla Spezia, nel 1933, nacque il concorso di pittura “Premio del Golfo” e Filippo Tommaso Marinetti compose il celebre Aeropoema del Golfo della Spezia, dedicato a quello che egli definì golfo delle meraviglie. Proprio presso il Colombo si tennero diverse feste futuriste, fra cui una serata a tema allietata da performance recitate: per l’occasione Marinetti improvvisò un’intervista immaginaria ad uno Shelley redivivo.

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Volgendoci verso Lerici, leggiamo i versi che Marinetti dedicò a questi luoghi:
“… Obbediente questi si svincola dai
boschi e costringe con garbo il castello
di Lerici a virare come una nave in cielo
con la sua scia-corteo giallorossa di case
a galla.”

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Villa Marigola

Villa Marigola è una dimora settecentesca che ha avuto grande importanza fra i luoghi letterari oggetto della nostra visita, non soltanto perché nel suo parco sorge la “torretta” di Sem Benelli, ma anche perché, come abbiamo già visto, nei primi dell’800 la casa che ospitò Shelley era pertinenza della Villa stessa, allora proprietà del nobile Gaetano Ollandini.

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Soltanto nel 1888, contestualmente alla realizzazione della strada costiera, le sorti dei due edifici si separarono. Villa Marigola fu acquistata da un banchiere inglese, Sir Reginald Pearse: da allora divenne di fatto, il centro nevralgico dell’élite anglosassone che amava soggiornare nel Golfo di Lerici, seguendo le tracce dei grandi poeti romantici. Vi si tenevano feste e cene di gala, frequentate da ospiti illustri come David Herbert Lawrence, di cui seguiremo le tracce tra poco.

Nel 1899 soggiornò a Villa Marigola anche l’imperatrice di Germania Vittoria Adelaide Maria, primogenita della Regina Vittoria e del Principe Alberto d’Inghilterra, moglie di Federico di Prussia e madre del Kaiser Guglielmo. Ella scrisse “Cara signora Pearse, sono ansiosa di inviarle i miei più sinceri ringraziamenti per tutto il disturbo che si è presa per farci stare comodi in questa sua casa incantevole!” Frequentata e descritta anche da Mario Soldati, Villa Marigola ha ospitato, ed ospita tuttora, eventi di grande prestigio, come il Premio di poesia Lerici Pea, nato negli anni 50 del Novecento. Oggi utilizzata come centro congressi, ha vanta splendidi giardini all’italiana, annoverati fra i Grandi Giardini Italiani.

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Walk of Poetry e Stabilimento il Lido

Nel proseguire lungo la passeggiata che costeggia la Venere Azzurra, ci accompagnano targhe commemorative, supportate da altrettanti leggii, che ricordano i poeti vincitori dello storico Premio Lerici Pea “alla carriera”. Si tratta della cosiddetta Walk of Poetry, inaugurata nel 2019 in occasione dei 70 anni dalla morte di Sem Benelli, a cui si deve l’appellativo di “Golfo dei Poeti” e a cui è stata intitolata la passeggiata a mare compresa tra la Rotonda Pertini di San Terenzo e la Rotonda Vassallo di Lerici.

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Giunti in prossimità dello storico stabilimento balneare “Il Lido”, inaugurato nel 1893, vale la pena ricordarne il glorioso passato come
“balera” negli anni ‘50 e ‘60 del Novecento, dove si esibirono i più importanti cantautori italiani dell’epoca.
Qui una targa ricorda l’editore Mario Spagnol (anch’egli aveva una casa a Lerici!), considerato lo scopritore di uno scrittore contemporaneo di grande successo: Marco Buticchi, che pubblicò con Longanesi il primo romanzo “Le pietre della Luna”. Lo scrittore è anche titolare dello stabilimento “Il Lido”. Egli scrive “Il mare che fa nascere storie e personaggi. Io quando mi ci perdo scrutandolo dal trespolo del mio stabilimento balneare scorgo pirati, avventurieri, ricercatori, agenti dei servizi segreti impegnati in inquietanti missioni. Senza il mare forse non potrei scrivere.”

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Lerici, Hotel Shelley

Continuiamo la passeggiata fino all’Hotel Shelley, un tempo semplicemente “delle Palme”, che ospitò, fra gli altri, Henry James, Max Weber, D.H. Lawrence.

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Durante il suo soggiorno nel 1877 Henry James scrisse: “Questa baia è davvero incantevole; circondata da colline boscose tra il verde e il grigio, verso il suo porto vanamente difeso da un antico e meraviglioso castello, proteso su un ardito promontorio che dà sull’imboccatura.” Dopo aver visitato la dimora che ospitò Shelley affermò: “Essa si affaccia direttamente sulla spiaggia, con i suoi muri scrostati ed una loggia ad archi aperta su una piccola terrazza dal parapetto rustico che, quando soffia il vento, si ricopre degli spruzzi salmastri del mare. Il posto è assolutamente solitario, arso dal sole, dalla brezza e dalla brina e molto vicino alla natura, in perfetta sintonia con la passione di Shelley.”
Nel 1913 è la volta di Lawrence, che soggiornò nell’hotel, insieme alla compagna Frieda, prima di recarsi a Fiascherino, dove li attendeva il villino Gambroiser prescelto come loro nido d’amore. Così scrive in una lettera all’amico Garnett “Quantunque questo sia un albergo delizioso – 6 franchi al giorno di pensione, ottimo cibo, vino e il resto incluso – una grande camera da letto col balcone proprio sul mare, molto bello. Ma io voglio andare al “mio” villino”. Lawrence si trasferì quindi a Fiascherino, dove rimase fino al giugno del 1914.

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Lerici, Hotel Croce Bianca - Piazza Garibaldi

Arrivati a questo punto, incontriamo uno dei più celebri ed istrionici protagonisti del Romanticismo: Lord Byron, la cui figura, in realtà è meno legata a Lerici di quanto si possa pensare. Nell’immaginario comune si tende ad associare la presenza dei due inseparabili amici –Shelley e Byron – nel Golfo. In realtà abbiamo visto che Shelley soggiornò a San Terenzo con una “allegra” brigata di amici, fra i quali non compare Byron: c’era il piccolo Percy di due anni e mezzo, unico sopravvissuto dei quattro bambini che Mary ebbe da Shelley, Claire, sorellastra di Mary, e una coppia di amici e coetanei, Edward e Jane Williams, con i loro figli. Da San Terenzo Shelley scrisse una lettera a Byron (maggio 1822) “a voi La Spezia piacerebbe tantissimo, anche se le case sono tanto disastrose quanto il paesaggio è divino. I Williams, con tutto il loro mobilio e senza un posto dove dormire, per il momento si sono rifugiati da me; mi sono di grande conforto e consolazione”.

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Sappiamo che Byron incontrò l’amico in Toscana prima della sua morte e, secondo la tradizione, assistette al rogo del suo corpo sulla spiaggia di Viareggio. Sappiamo anche che soggiornò per qualche giorno a Lerici a fine settembre 1822. Colto da un attacco di febbre, durante il trasferimento da Pisa a Genova, fu costretto a soggiornare in quella che definì “la peggiore stanza della peggiore locanda” di Lerici, restituendoci un’immagine non troppo positiva del borgo. Probabilmente soggiornò presso l’Hotel Croce Bianca, corrispondente all’edificio giallo in fondo a Piazza Garibaldi, sulla destra rispetto alla salita al Castello. Rimessosi, si imbarcò per raggiungere Sestri, e quindi Genova, affermando “il mare mi fece subito rivivere – mangiai il pesce freddo dei marinai – e bevvi un gallone di vino”.

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Verso il Castello San Giorgio di Lerici

Durante questo percorso, che inizia proprio a fianco dell’antico edificio giallo, un tempo Hotel Croce Bianca, lasciamoci guidare dalle parole di Henry James, che salì come noi, al Castello di Lerici: “ricordo ben pochi episodi del mio viaggio in Italia più vicini al mio cuore di quanto lo sia stato quel perfetto pomeriggio d’autunno: la sosta di mezz’ora sulla piccola e fatiscente terrazza della villa, l’ascensione fino all’antico castello che domina Lerici, in modo singolarmente felice, la passeggiata piena di meditazioni nella luce che si affievoliva, sulla terrazza ricoperta di viti che guarda verso il tramonto”

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Salendo, possiamo notare una villa, bianca, che domina il cosiddetto Poggio di Lerici. Si tratta del Villino “Rupe Canina”, che l’editore Valentino Bompiani scelse come dimora per le proprie vacanze. Nel secondo dopoguerra fu frequentata da diversi artisti, in una sorta di
“nuovo” pellegrinaggio letterario, in ideale continuità con i poeti e gli scrittori del passato. Passarono di qui, fra gli altri, Moravia, Piovene, Calvino e Pasolini, che così descrive il Golfo:
“Fresco tremava il monte di Lerici d’olii azzurri
davanti al battello tra le luci della Spezia,
mentre l’inverno accarezzava l’alba
con mani dolci di brezza, amare di sole.
E la barca di Shelley come in una stampa
dove il verde si stinge nell’azzurro
approdando accorava l’aria di Portovenere:
sorse il mattino e tutto fu bianco…”

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Ben consapevoli di non aver esaurito tutto ciò che si poteva dire sul Golfo dei Poeti, vi invitiamo a salire fino al Castello San Giorgio, dalla cui terrazza è possibile ammirarlo in tutto il suo splendore. Possiamo osservare da lontano San Terenzo, leggendo la descrizione che ne diede Lawrence “È un meraviglioso mattino, con un grande, piatto, massiccio mare blu e strane vele lontane, con una profonda luminosità di perla, e San Terenzo, tutto scintillante di rosa sulla spiaggia. È così bello che fa quasi male.”.

Seguiamo quindi con lo sguardo il profilo della collina, ammirando la nobile Villa Marigola e ascoltando le parole di Virginia Woolf “come descrivere le colline, le piccole case rosa, gialle bianche e un verace mare bruno porpora che non fa onde ma ora sussurrante un fremito continuo”.

Le colline dove sorge la villa della Baronessa Emma Orczy, celebre scrittrice de “La Primula rossa”.

E ancora più in alto La Serra, il borgo collinare amato da Giovanni Giudici e cantato da Paolo Bertolani e Attilio Bertolucci, che così la descrisse: “La Serra è un altro sito del mondo della poesia che prende aria e mare, ritmo del verso del canto degli uccelli, misura della geometria dei muretti a secco che limitano la terra e aprono sull’infinito.”
Infine, dietro il castello, possiamo ammirare il promontorio di Maralunga e le calette di San Giorgio, immaginando la prossima tappa del nostro viaggio, Fiascherino e Tellaro, care a Lawrence, Tomlinson e Mario Soldati.

Il nostro itinerario si conclude qui, con le parole di Mario Soldati, che meglio di chiunque altro ha saputo sintetizzare la poesia del Golfo di Lerici: “Un nirvana tra mare e cielo, tra le rocce e la montagna verde.”

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Castello di
Lerici

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Castello di
San Terenzo

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