“La lunga strada di sabbia” di Giuseppe Chiucchiù
Dal 17 giugno al 15 ottobre
Mostra fotografica a cielo aperto, allestita sul lungomare che collega Lerici a San Terenzo, sulle orme del celebre reportage di Pier Paolo Pasolini. Uno straordinario viaggio lungo le coste italiane.
L’Italia ha insieme un’impronta europea e una mediterranea. La storia dei suoi settemila chilometri di costa è fatta di incontri e contaminazioni con popoli e civiltà che arrivarono per mare, greci, cretesi, fenici di Tiro e fenici di Cartagine. Quel mare i romani lo definirono “mare nostrum”. Più tardi fu in parte bizantino, in parte arabo ma quando iniziarono a solcarlo le galee delle Serenissime quel mare divenne o genovese, o pisano, o veneziano. Tutte le spiagge d’Italia, da quelle liguri a quelle flegree, dal golfo di Squillace al Gargano, dal Conero alla laguna di Grado sono mediterranee. Viaggiare lungo le coste è viaggiare nella storia di popoli diversi, entrare in una miriade di identità che si sono incrociate seguendo le rotte degli scambi e dei commerci innestandosi su una radice che le ha fatte proprie e le ha assimilate in una storia unica. Più Italie che recano su di sé, sulla linea del mare o nell’immediato entroterra, l’impronta di altrettanti popoli, una costa percorsa da dialetti diversi tanto da imbattersi, se ci si spinge all’interno, persino in comunità raccolte e rare in cui c’è chi parla occitano, o albanese, o sloveno, o greco.
Se sui litorali della penisola e delle isole si incrociano cento Italie, ci sono anche cento modi per raccontarle. Nel 1959 Pier Paolo Pasolini visitò quei litorali a bordo di una “millecento Fiat” e descrisse in un celebre reportage quanto aveva visto su quella “lunga strada di sabbia”. Un racconto descrittivo tra scorci sconosciuti o emozionanti, tra italiani in vacanza, gente comune o personaggi mitici del Novecento, l’avvocato Agnelli, Fellini, Moravia; un racconto capace anche di restituire il profilo sociale del Paese alla vigilia del boom.
Oggi che il miracolo economico è passato da più di mezzo secolo e le troppe cose che succedono ci fanno ripensare al boom come a un miraggio goduto per poco tempo, la “lunga strada di sabbia” regala le stesse emozioni a Giuseppe Chiucchiù, un giornalista che alla macchina per scrivere di Pasolini ha sostituito una macchina fotografica.
L’intenzione è ancora quella di raccontare e il racconto coglie, lungo le coste, la ricchezza di quelle cento diverse identità e forse di altre ancora: marine italiane che evocano deserti africani, il blu dell’acqua incastonato fra muri rossi o arancioni che fa pensare ai contrasti cromatici di certe case nordiche affacciate sul mare. E’ un Maya oppure un marinaio scozzese del settecento l’uomo che piegandosi esibisce la nuda schiena coperta di tatuaggi? Sono aragonesi i due uomini e la bimba ritratti su un centro del litorale sardo, e forse l’immagine di quel prete che dialoga con due confratelli in cappa su un lungomare sconosciuto è un fotogramma colto in una lontana isola dell’Egeo? No, è Italia. Ogni risposta è verosimile eppure tutto questo è Italia, un’Italia dal tempo sospeso come quel nastro d’asfalto inanimato, senza macchine e senza uomini, o dal tempo cristallizzato come in quel tabernacolo agreste, fiori secchi e finti sul piccolo quadro della Vergine, o infine di un tempo perduto come quel passo di tango incastonato su un colonnato neoclassico: Italia o Argentina, oggi o primo decennio dell’Ottocento? Nella strada di sabbia italiana su cui si ferma l’obiettivo di Giuseppe Chiucchiù l’impronta di culture e popoli diversi si raccoglie in una intatta impronta mediterranea, “mare nostrum”, mai come ora spalancato su un mondo difficile.